Il percorso narrativo delinea la nascita degli istituti culturali in Piemonte, in particolare nell’area metropolitana di Torino, mettendo in evidenza le dodici biblioteche che partecipano al progetto CoBiS LOD, con la pubblicazione di dati aperti e collegati dei propri cataloghi.
Il Piemonte, che aveva vissuto nel XVIII secolo momenti di crescita culturale, scientifica e tecnologica, grazie inoltre al ruolo dell’Università nella formazione professionale, dopo l’occupazione francese nel 1800 si trovò ad affrontare un processo di ricostruzione della propria identità sociale.
Per ripercorrere la storia delle istituzioni culturali piemontesi bisogna tornare agli anni ‘30 dell’Ottocento, quando nel clima di rinnovamento culturale avviato da Carlo Alberto, vengono fondati nuovi luoghi dedicati allo studio e alla ricerca che incentivano la produzione scientifica degli intellettuali subalpini.
L’evento precursore di questo cambiamento è rappresentato dall’acquisizione nel 1824, da parte di Carlo Felice, della collezione privata delle antichità egizie di Bernardino Drovetti, allora Console Generale di Francia, poi ceduta alla Regia Università. La collezione, destinata ad arricchire il patrimonio del Museo Archeologico, aggiungendosi al nucleo di oggetti egizi conservati dal 1723 nel Museo di Antichità dell’Università, venne collocata all’interno del Collegio dei Nobili, attuale sede dell’Accademia delle Scienze, alla quale ne fu affidata la custodia.
Questa scelta non fu casuale: tra i promotori dell’acquisto troviamo infatti Prospero Balbo, l’allora presidente dell’Accademia delle Scienze.
L’Accademia Reale delle scienze nacque come società scientifica privata nel 1757 per iniziativa dei tre grandi cultori delle scienze esatte Luigi Lagrange, Giuseppe Angelo Saluzzo e Giovanni Cigna. Creata per promuovere lo studio e la ricerca nei diversi ambiti del sapere e «trasformata a partire dal 1783 da società privata ed aristocratica (…) a strumento pubblico per la ricerca non solo scientifica, ma anche tecnologica».1
Al nucleo di scienze fisico-matematiche venne affiancata, nel 1801, una sezione umanistica.
Nel 1789, sul tetto del Palazzo del Collegio dei Nobili, sede dell’Accademia, il re Vittorio Amedeo III incaricò l’architetto Francesco Ferroggio di costruire un Osservatorio. Alcuni anni prima, precisamente nel 1759, padre Giovanni Battista Beccaria iniziava a diffondere le proprie conoscenze in campo astronomico. A questa data viene fatta risalire la nascita dell’Osservatorio Astronomico di Torino.
Con Carlo Alberto inizia a definirsi una nuova visione di museo, non più incentrato sulla concezione estetica delle collezioni, bensì sulla rappresentazione artistica e sociale dell’opera dell’uomo.
Nel 1832 Carlo Alberto acquistò la collezione numismatica del funzionario della Zecca di Torino Domenico Promis, dando vita al Regio Medagliere.
Nello stesso anno venne istituita la Pinacoteca Sabauda, con sede a Palazzo Madama. All’interno della Galleria, formata inizialmente dalle collezioni del Palazzo Reale, le opere antiche, destinate alla galleria pubblica, vennero separate da quelle moderne e contemporanee, collocate nei regi palazzi.
Prospero Balbo, nominato in quegli anni ministro degli Interni, si dedicò alla riforma dell’Università e delle istituzioni culturali. Tra i capisaldi della sua politica culturale vi fu l’idea di creare una pubblica galleria nella città di Torino, progetto che verrà portato a compimento anni dopo da suo nipote Roberto D’Azeglio, aspirando a far diventare Torino un importante centro di cultura in Italia e in Europa e promuovendo una concezione della galleria d’arte come strumento di educazione e studio.
Tra il 1835 e il 1837 la Galleria del Beaumont, ala laterale di Palazzo Reale, venne ristrutturata per far spazio all’Armeria Reale e, al piano terra, alla Biblioteca Reale.
Il Piemonte fu il primo Stato italiano a progettare, nel 1734, la costruzione di una sede per gli Archivi di Corte. Questi, nati essenzialmente come strumento della burocrazia statale, non erano inizialmente concepiti per la pubblica fruizione.
L’idea di creare una raccolta di documenti sulla storia del Piemonte iniziava a diffondersi dalla fine del XVIII secolo, per poi svilupparsi con le ricerche storiografiche di gruppi di giovani accademici, molti dei quali formati attorno a Prospero Balbo. Tra questi si ricordano in particolare: Federico Sclopis, Cesare Balbo, Luigi Cibrario.
Queste tendenze si concretizzeranno nel 1833 con l’istituzione della Deputazione Subalpina di Storia Patria, la prima società storica italiana.
La Deputazione fu inizialmente costituita come una commissione di studio per sovrintendere le pubblicazioni sulla storia dei territori dello Stato.
Frutto di questi studi è la pubblicazione dei volumi della collana Monumenta Historiae Patriae, ideati sull’esempio dei coevi tedeschi Monumenta Germaniae Historica, nati a loro volta da un’iniziativa di privati, e successivamente fatta propria dallo Stato.2
Ed è proprio dagli studiosi tedeschi che arrivarono le prime proposte di creare un legame con la storiografia oltramontana, che si realizzarono con la creazione dell’Istituto di corrispondenza archeologica nel 1828 a Roma.
Altro modello cui si ispirarono gli studiosi piemontesi fu quello francese, in cui le istituzioni deputate alla ricerca storica incontrarono, dal 1832, il favore del Ministro della Pubblica Istruzione Francois Guizot, promotore di una campagna di ricerca storica per la pubblicazione di documenti inediti sulla storia di Francia. Qui nacquero dall’inizio del XIX secolo numerose società storiche locali, tra le quali spicca l’Institut Historique, fondato a Parigi nel 1833 e prima società storica interdisciplinare, aperta al contributo degli studiosi del resto d’Europa, tra i quali ritroviamo alcuni esponenti dell’Accademia delle Scienze e della Deputazione.
Alla fondazione dell’Accademia delle Scienze avevano contribuito medici come Cigna e crebbe negli anni l’esigenza di creare una società scientifica di ambito medico. Nacque così, nel 1819, la Società medica piemontese, che nel 1846 fu proclamata da Carlo Alberto Reale Accademia Medico-Chirurgica e successivamente, nel 1946, prese il nome di Accademia di Medicina di Torino.
Nel 1863, in occasione dell’ascensione della vetta del Monviso ad opera di Quintino Sella, Giovanni Barracco, Paolo e Giacinto di Saint Robert, prese forma l’idea di organizzare una società alpinistica nazionale, il Club Alpino Italiano. Questo evento, data anche la provenienza, da diverse città italiane, dei protagonisti della scalata, rappresenta una manifestazione dello spirito unitario negli anni in cui si compiva l’Unità d’Italia.
Nel periodo che intercorre tra l’Unità d’Italia e la Seconda Guerra Mondiale l’interesse delle istituzioni pubbliche era rivolto alla tutela e alla valorizzazione del vasto patrimonio culturale conservato, incrementato considerevolmente a seguito della soppressione degli enti ecclesiastici. Le società storiche nate dopo l’unità d’Italia erano divise essenzialmente in aggregazioni di gruppi intellettuali e deputazioni.
La crescente specializzazione in ambito scientifico portò alla nascita di numerosi istituti di ricerca scientifica. Inoltre Torino, con lo spostamento della capitale del regno d’Italia a Firenze nel 1865 e perso il ruolo di centro politico, iniziò a concentrare le proprie attenzioni sullo sviluppo industriale. Vennero approfonditi gli studi di elettrotecnica e metrologia elettrica, grazie soprattutto alle scoperte di Galileo Ferraris.
Nel 1934 nacque l’Istituto Elettrotecnico Nazionale, al quale si affiancano negli anni ‘50 l’Istituto Dinamometrico e l’Istituto Termometrico. Questi ultimi confluirono nel 1968 nell’Istituto di Metrologia Gustavo Colonnetti, composto da quattro sezioni e un centro di calcolo. L’Istituto Elettrotecnico Nazionale e Istituto di Metrologia Gustavo Colonnetti porteranno avanti i propri studi parallelamente, fino a confluire nel 2006 nell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica.
Protagonista assoluto dello sviluppo industriale del Novecento fu Camillo Olivetti che nel 1908 fondò la Società ing. C. Olivetti e C. a Ivrea, avviando un’officina per la fabbricazione di strumenti per la misurazione elettrica. Il patrimonio documentale testimone del forte impegno della famiglia Olivetti in ambito sociale e politico, viene curato dal 1986 dall’Archivio storico Olivetti, per garantire la salvaguardia della memoria storica della Società Olivetti, recuperare e conservare la documentazione che testimonia le esperienze industriali e la vita culturale del ‘900. Nel 1998, dalla collaborazione di numerosi enti territoriali e regionali, quali la Società Olivetti, il Comune di Ivrea, la Provincia di Torino, la Compagnia San Paolo e l’Associazione Spille d’oro Olivetti, nasce L’Associazione Archivio Storico Olivetti per garantire la cura, l’ordinamento e la valorizzazione del patrimonio documentario.
A Torino, dopo il trasferimento della corte a Firenze, al fermento culturale che aveva interessato la ricerca scientifica e lo sviluppo industriale si affiancano, nel corso del decennio successivo, numerose iniziative in ambito musicale. Nascono infatti in questi anni molte associazioni, come la Società dei Concerti popolari e il Liceo Musicale, e si assiste all’avvio del Concerti Popolari e di numerosi concerti dell’Orchestra Municipale, primo complesso sinfonico stabile d’Italia.
Nei primi anni del Novecento, lo sviluppo economico e sociale che visse la città di Torino condusse a una maggiore valorizzazione della cultura musicale in ambito universitario, con l’istituzione della prima cattedra italiana di Storia della Musica e, in ambito editoriale, con la fondazione di numerose riviste.3
Una serie di eventi, come l’incendio che nel 1936 colpì il Teatro Regio e l’annessione della Scuola municipale di canto corale al Liceo Musicale, portarono a un accorpamento del patrimonio delle maggiori istituzioni musicali piemontesi.
Il patrimonio raccolto dai fondi della Società di Concerti del Teatro Regio, la Scuola di Canto Corale e la Banda municipale, «istituzioni che, negli anni compresi fra il compimento dell’unità italiana e la seconda guerra mondiale, rappresentarono in gran parte la vita musicale di Torino»4, confluì in una sezione indipendente delle Biblioteche civiche. Questa nel 1968 prese il nome di Biblioteca musicale Andrea Della Corte, dalla donazione di 15.000 volumi dopo la morte del critico-musicologo alla città di Torino.
Dal 1952, grazie alla nascita del Répertoire International des Sources Musicales a Parigi, seguito nel 1965 dall’Ufficio Ricerca Fondi Musicali (URFM) di Milano, si assiste a un crescente interesse per la musica, con l’avvio di censimenti dei fondi musicali conservati in archivi e biblioteche.
Nel 1986 venne istituita l’Associazione Piemontese per la ricerca delle Fonti Musicali che divenne nel 1999, con il supporto della Regione Piemonte, l’Istituto per i beni musicali in Piemonte, il cui fondo documentario e bibliografico confluì nella biblioteca fondata dal musicologo Alberto Basso.
Torino, come il resto d’Italia, scossa dai bombardamenti subiti nel corso della Seconda guerra mondiale, visse un periodo segnato dal calo della produzione industriale, con un conseguente crollo dell’economia e un aumento della disoccupazione. Negli anni successivi la ripresa delle attività delle industrie vedeva una sempre maggiore presenza dei sindacati dei lavoratori, nel tentativo di mediare tra la classe operaia e le aziende.5
Lo sviluppo industriale degli anni ‘50 e ‘60 del Piemonte, e soprattutto di Torino, del settore automobilistico e metalmeccanico creò nuovi posti di lavoro e si assistette a una crescente immigrazione dal Mezzogiorno, già iniziata negli anni che precedevano il secondo conflitto mondiale. Il rapido aumento della popolazione generò disagi sociali, da un lato a causa della difficile integrazione, dall’altro per le conseguenti difficoltà nell’organizzazione dei servizi.
Dopo le lotte degli studenti e dei lavoratori degli anni ‘70 nacquero gli istituti, profondamente legati al sociale e ispirati ad alcune personalità di rilievo, che nel corso del Novecento si sono fatte portavoci dell’antifascismo, dei movimenti operai, della difficile integrazione tra Nord e Sud Italia.
In questi anni «non era più un programma o un intento politico a determinare la vita delle istituzioni culturali, ma proprio la loro attività di cultura e di ricerca, di formazione di un patrimonio bibliotecario e archivistico e di messa a disposizione al pubblico.»6
Tra questi enti, concentrando le proprie attività in ambito storico e creando un forte legame col territorio, l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, la Fondazione Giorgio Amendola e l’Associazione lucana in Piemonte Carlo Levi, nate con l’intento di promuovere lo studio della storia contemporanea come strumento di partecipazione alla vita sociale e politica.
Primo Levi, portavoce dello sterminio nazista con la sua opera Se questo è un uomo, divenne negli anni sempre più conosciuto in Italia e all’estero, con la traduzione di tutte le sue opere, tanto che, il Centro internazionale di studi Primo Levi, costituito nel 2008, pone l’accento sul carattere internazionale dell’autore.
Dalla volontà di valorizzare gli aspetti storici, sociali e culturali del Novecento, nel 2016 dall’integrazione di 26 istituti e associazioni, nasce il Polo del ‘900.
Se da un lato all’epoca di Carlo Alberto le richieste degli intellettuali si sono concentrate per accedere ai documenti conservati negli istituti culturali, oggi si assiste a una situazione ben diversa, le risorse a disposizione crescono e i canali per accedervi sono molteplici.
La sfida degli istituti culturali nella società contemporanea è di facilitare le persone nella ricerca di informazioni e produrre dati aperti nei canali del web per migliorare la fruibilità delle proprie risorse documentarie.
Gli istituti, con le loro biblioteche, fanno parte del CoBiS e hanno avviato nel 2016 il progetto Linked Open Data, mettendo a disposizione un nuovo catalogo arricchito da informazioni provenienti da fonti interne ed esterne,
«Il progetto LOD del CoBiS, un progetto di grande innovazione nel suo settore, è inoltre oggi il primo in Italia, e uno dei primi a livello internazionale, ad esporre un endpoint SPARQL secondo l’ontologia BIBFRAME 2.0, implementando nello stesso tempo gli standard di interoperabilità raccomandati da due degli enti più autorevoli in materia di standardizzazione, il W3C e la Library of Congress.»7
Esplora la Mappa degli enti del progetto CoBiS LOD generata impostando una query su Wikidata.
Cronologia storica dei nomi
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Keyword di ricerca nel catalogo Linked Open Data: istituzioni culturali, storia del piemonte.
Testo a cura di Irene Piergentili
Note
1 Giuseppe Ricuperati, a cura di, Storia di Torino. Dalla città razionale alla crisi dello Stato d’Antico Regime, 1730-1798, Vol. 5, G. Einaudi, Torino 2002, p. XXVI.
2 Gian Paolo Romagnani. Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto. Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1985, p. 273.
3 Annarita Colturato, a cura di. Torino in Le fonti musicali in Piemonte, Vol. 1. Lucca, Libreria musicale italiana, 2006, Introduzione.
4 Maria Grazie Delleani, La civica biblioteca musicale, «Torino», N. 12, 1853, Dicembre.
5 Nicola Tranfaglia, Storia di Torino. Gli anni della Repubblica, Vol. 9. Torino, Einaudi, 1999, p. 9-11.
6 Albertina Vittoria, I luoghi della cultura. Istituzioni, riviste e circuiti intellettuali nell’Italia del Novecento. Roma, Carocci, 2021, p. 13.
7 Elena Borgi, Valeria Calabrese, Gabriella Morabito, Emanuela Secinaro, Anna Maria Viotto, Biblioteche in cammino. L’esperienza del CoBiS: i progetti Linked Open Data e Digital library, in «Digitalia», 2019, vol. 2, p. 45.
Bibliografia
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- Gian Paolo Romagnani. Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto. Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1985.
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- Annarita Colturato, a cura di. Torino in Le fonti musicali in Piemonte, Vol. 1. Lucca, Libreria musicale italiana, 2006.
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- Osservatorio astronomico di Torino, a cura di. Osservar le stelle: 250 anni di astronomia a Torino: la storia e gli strumenti dell’Osservatorio astronomico di Torino. Milano, Silvana, 2009.
- Erminia Irace, Adolfo Scotto Di Luzio. Le istituzioni culturali del regno d’Italia (1861-1945), in Atlante della letteratura italiana. Dal romanticismo a oggi, Vol. 3. Torino, Einaudi, 2012.
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- Linked data per biblioteche, archivi e musei: perché l’informazione sia del web e non solo nel web, di Mauro Guerrini [et al.]. Milano, Editrice bibliografica, 2015.
- Oriana Bozzarelli, Viviana Mandrile, Elena Marangoni. Quale futuro per i dati di biblioteche e musei? Linked Open Data e Open Data protagonisti al Pubblico dominio #open festival di Torino, «Bibliotime. Rivista elettronica per le biblioteche», 2017, Novembre.
- Elena Borgi, Valeria Calabrese, Gabriella Morabito, Emanuela Secinaro, Anna Maria Viotto, Biblioteche in cammino. L’esperienza del CoBiS: i progetti Linked Open Data e Digital library, in «Digitalia», 2019, vol. 2, pp. 43-61.
- Fondazione Polo del 900. Al centro dell’innovazione culturale: il bilancio sociale del Polo del ’900, (2017-2019). Torino, Fondazione Polo del ’900, 2020.
- Albertina Vittoria, I luoghi della cultura. Istituzioni, riviste e circuiti intellettuali nell’Italia del Novecento. Roma, Carocci, 2021.